OSS non responsabile se somministra farmaco su indicazione scritta dell’infermiere
Il Tribunale di Firenze, con la sentenza n. 789 del 6 maggio 2025, ha assolto un Operatore Socio Sanitario (OSS) accusato di somministrazione impropria di un farmaco, ritenendo che non vi sia colpa quando l’azione avviene su indicazione scritta e supervisionata dell’infermiere.
Il caso
In una struttura RSA, un OSS aveva somministrato un antipiretico a un anziano paziente secondo una tabella di prescrizione infermieristica, senza presenza diretta del personale infermieristico al momento dell’atto. A seguito di un effetto avverso, era stato accusato di aver “agito oltre le competenze”.
La decisione del tribunale
I giudici hanno precisato che:
“La somministrazione di farmaci da parte dell’OSS è lecita se avviene in ambito di attività delegata, formalizzata e documentata da personale infermieristico, come previsto dai protocolli della struttura.”
I criteri stabiliti
- La somministrazione non richiedeva competenza clinica specifica (es. compresse orali comuni).
- L’indicazione scritta e firmata dall’infermiere configurava una delega procedurale regolare.
- Non vi è responsabilità dell’OSS se ha agito in buona fede, entro i limiti formativi e procedurali previsti.
Normativa di riferimento
Il profilo dell’OSS non include la somministrazione autonoma di farmaci, ma prevede la possibilità di agire su indicazione dell’infermiere, come da Accordo Stato-Regioni del 2001 e successive linee guida regionali.
Implicazioni operative
Le strutture sanitarie devono garantire:
- Protocollo interno di delega scritto
- Formazione certificata del personale OSS
- Supervisione formale dell’infermiere
In assenza di queste condizioni, può configurarsi un rischio legale per la struttura, non per l’operatore singolo se ha seguito le procedure previste.
Conclusione
Questa sentenza chiarisce un aspetto molto dibattuto nella pratica quotidiana. Gli OSS non sono medici né infermieri, ma se operano secondo una delega tracciabile e formalizzata, non devono temere responsabilità personali. La chiave è la correttezza della procedura, non il titolo professionale.
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