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Suicidio assistito in Italia: cosa cambia davvero dopo la Consulta

Il dibattito sul suicidio medicalmente assistito in Italia è tornato centrale dopo la storica sentenza n. 242 del 22 novembre 2019 della Corte Costituzionale, che ha stabilito la non punibilità, in specifici casi, di chi aiuta un paziente a morire con dignità. Ma cosa è cambiato davvero a livello pratico e sanitario?

Cosa dice la sentenza 242/2019

La Corte ha riconosciuto la possibilità di accedere al suicidio assistito per pazienti:

  • affetti da patologie irreversibili e fonte di sofferenze insopportabili,
  • pienamente capaci di autodeterminarsi,
  • sostenuti da trattamenti di sostegno vitale.

In questi casi, l’assistenza al suicidio non è punibile se validata da un comitato etico regionale e sotto controllo medico del SSN.

Le Regioni dove è attivo un iter

Solo alcune Regioni italiane hanno attuato linee guida pratiche o avviato protocolli operativi. Tra queste:

  • Emilia-Romagna: prima Regione ad attivare una procedura clinico-assistenziale
  • Toscana: ha pubblicato un documento operativo nel 2024
  • Puglia: si è dotata di un iter formale a gennaio 2025
  • Marche: percorso in fase di approvazione

In molte altre Regioni manca ancora un quadro chiaro, costringendo i pazienti a ricorrere ai tribunali o a cambiare Regione per ottenere una valutazione.

I casi più noti

Dopo il caso DJ Fabo – Cappato, altri casi hanno fatto da apripista. A giugno 2022, in Marche, si è concluso il primo iter pubblico con esito positivo. A seguire, in Toscana nel 2024, è stato autorizzato il suicidio medicalmente assistito per un paziente con SLA, dopo approvazione del comitato etico.

Un diritto ancora diseguale

La realtà è che, a cinque anni dalla sentenza della Corte Costituzionale, il suicidio assistito è un diritto solo teorico per molti. L’assenza di una legge nazionale e la disomogeneità tra le Regioni creano forti disuguaglianze. Il rischio è che l’accesso dipenda più dal codice di avviamento postale che dal rispetto della dignità del malato.

Conclusione

La Corte Costituzionale ha aperto la strada al suicidio medicalmente assistito, ma l’Italia è ancora lontana da una piena attuazione uniforme. Serve una legge nazionale chiara, rispettosa dei diritti e capace di garantire equità in tutto il Paese. Nel frattempo, l’informazione trasparente resta uno strumento fondamentale per orientare pazienti e famiglie.

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