Mar. Nov 18th, 2025

Alzheimer e rTMS in Italia: ricercatori, centri e pubblicazioni principali

Uno studio monocentrico, randomizzato, doppio cieco e controllato con sham ha valutato 52 settimane di rTMS personalizzata diretta sul precuneus (PC-rTMS) in pazienti con Alzheimer da lieve a moderato; i risultati indicano un rallentamento del peggioramento cognitivo, delle attività di vita quotidiana e dei disturbi comportamentali rispetto allo sham nel corso di 52 settimane. Questi risultati richiedono conferme multicentriche. Fonte.

Centro clinico principale che ha condotto lo studio: Fondazione Santa Lucia IRCCS, Roma (Laboratorio di Non-Invasive Brain Stimulation / Department of Clinical and Behavioural Neurology). Lo studio 52 settimane è stato condotto in questo centro. Fonte.

Ricercatori / medici citati nello studio 2025 (nomi e affiliazioni così come appaiono nell’articolo):


Giacomo Koch, MD, PhD — Department of Clinical and Behavioural Neurology, Fondazione Santa Lucia IRCCS, Roma; Department of Neuroscience and Rehabilitation, University of Ferrara; scientific co-founder di Sinaptica Therapeutics. Fonte

Elias Paolo Casula — Department of Clinical and Behavioural Neurology, Fondazione Santa Lucia IRCCS; Department of Systems Medicine, University of Tor Vergata (Roma). Fonte.

Sonia Bonnì — Fondazione Santa Lucia IRCCS (Roma). Fonte.

Ilaria Borghi — Fondazione Santa Lucia IRCCS (Roma). Fonte.

Martina Assogna — Fondazione Santa Lucia IRCCS; Department of Systems Medicine, University of Tor Vergata. Fonte.

Francesco Di Lorenzo — Fondazione Santa Lucia IRCCS. Fonte.

Romina Esposito — Fondazione Santa Lucia IRCCS; University of Ferrara. Fonte.

Michele Maiella — Fondazione Santa Lucia IRCCS. Fonte.

Alessia D’Acunto — Fondazione Santa Lucia IRCCS; Department of Systems Medicine, University of Tor Vergata. Fonte.

Matteo Ferraresi — Fondazione Santa Lucia IRCCS. Fonte.

Lucia Mencarelli — Fondazione Santa Lucia IRCCS. Fonte.

Valentina Pezzopane — Fondazione Santa Lucia IRCCS; University of Ferrara. Fonte.

Caterina Motta — University of Tor Vergata (Roma). Fonte.

Emiliano Santarnecchi, PhD — affiliazioni clinico-accademiche (noto per lavori su neuromodulazione e neuroimaging). Fonte.

Marco Bozzali, MD, PhD — radiologia/neuroimmagine (affiliazione: IRCCS/Università; co-autore). Fonte.

Alessandro Martorana, MD — Fondazione Santa Lucia IRCCS; Department of Systems Medicine, University of Tor Vergata. Fonte.

Introduzione

La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza: in Italia si stima che più di mezzo milione di persone ne siano affette in forma sintomatica, con un carico sociale e sanitario molto elevato. Negli ultimi anni gruppi di ricerca italiani ed europei hanno esplorato se e come le onde elettromagnetiche — intese sia come stimolazione magnetica/transcranica (TMS/rTMS), sia come campi elettromagnetici pulsati (PEMF) o radiofrequenze modulate — possano influenzare i processi neurodegenerativi, rallentare il declino cognitivo o migliorare funzioni cerebrali compromesse. Fonte

Concetti di base: che tipi di ‘onde’ si usano in ricerca

In ambito neuroscientifico il termine “onde elettromagnetiche” raggruppa tecniche differenti. Le principali usate nella ricerca su Alzheimer sono: (1) la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS), che usa impulsi magnetici focalizzati per modulare l’eccitabilità corticale; (2) campi elettromagnetici pulsati a bassa frequenza (LF-PEMF) o a radiofrequenza modulate (REMFS/TEMT), che vengono studiati per effetti molecolari o cellulari più diffusi; e (3) forme sperimentali di trattamento transcranico a radiofrequenza progettate per penetrare ampie aree cerebrali. Queste modalità differiscono per frequenza, intensità, profondità di penetrazione e meccanismo di azione proposto, e pertanto gli esiti sperimentali non sono direttamente confrontabili se non nelle condizioni sperimentali specifiche. FonteFonte

Evidenze precliniche (modelli cellulari e animali)

Studi su modelli cellulari e su topi transgenici di Alzheimer hanno mostrato risultati incoraggianti: in più lavori l’esposizione a campi elettromagnetici pulsati o a radiofrequenze modulate ha ridotto alcuni marcatori patologici (es. attività di BACE1, accumulo di peptide Aβ) e ha preservato, in parte, la memoria nei roditori. Tali risultati però sono fortemente dipendenti dai parametri di applicazione (frequenza, durata, SAR nelle RF) e dalla fase della malattia nei modelli sperimentali. Gli autori italiani e internazionali sottolineano la necessità di replicazioni e di studi meccanicistici per chiarire i substrati biologici di questi effetti. FonteFonte

Prove cliniche in Italia: rTMS e protocolli mirati

In ambito clinico italiano vi sono gruppi attivi nello studio della rTMS applicata a specifiche aree corticali per rallentare il declino cognitivo. Un lavoro multicentrico che ha attirato attenzione è quello sul posizionamento mirato alla corteccia precuneus: protocolli di rTMS a lungo termine (settimane/mese) hanno mostrato in alcuni trial un rallentamento del declino cognitivo e modificazioni neurofisiologiche coerenti con la stabilizzazione di oscillazioni gamma locali. Questi studi, pur promettenti, richiedono conferme più robuste e studi randomizzati di più ampio respiro per passare dalla prova di concetto a una raccomandazione terapeutica consolidata. FonteFonte

Meta-analisi e recensioni italiane

Revisioni sistematiche e meta-analisi condotte da gruppi italiani ed europei suggeriscono una efficacia complessiva della TMS nel migliorare la funzione cognitiva nei pazienti con decadimento cognitivo lieve-moderato, ma sottolineano limiti metodologici: eterogeneità dei protocolli (frequenza, durata, sito di stimolazione), piccoli campioni e breve follow-up. Gli autori raccomandano protocolli personalizzati e studi che combinino stimolazione e training cognitivo. FonteFonte

Dispositivi a radiofrequenze e approcci emergenti

Parallelamente alla rTMS, sono nati progetti e sperimentazioni con dispositivi che erogano radiofrequenze transcraniche (TEMT / REMFS) con l’obiettivo di modulare ampie reti corticali e influenzare processi molecolari legati all’Alzheimer. Alcune aziende internazionali hanno avviato trial clinici (fase 1/2) e la letteratura riporta risultati preliminari di miglioramento cognitivo in gruppi selezionati; la traduzione clinica in ambienti italiani è in fase di sviluppo, con alcuni centri che partecipano a studi internazionali o monitorano questi risultati. È importante sottolineare che i dati di sicurezza e di efficacia a lungo termine per questi dispositivi non sono ancora conclusivi. FonteFonte

Quali meccanismi biologici sono ipotizzati?

Le possibili azioni delle onde elettromagnetiche sull’Alzheimer includono: modulazione dell’eccitabilità neuronale e delle oscillazioni corticali (es. gamma), aumento della plasticità sinaptica e della disponibilità di fattori neurotrofici (es. BDNF), riduzione di alcune vie enzimatiche legate alla produzione di Aβ (es. BACE1) e modulazione di risposte infiammatorie o di proteostasi. Tuttavia, i meccanismi esatti rimangono in parte speculativi e spesso dipendono dal tipo di stimolo applicato. FonteFonte

Limiti, rischi e considerazioni etiche

Nonostante risultati promettenti, esistono limiti evidenti: molti studi hanno campioni piccoli, eterogeneità metodologica e follow-up limitati. La sicurezza a lungo termine di alcune forme di esposizione elettromagnetica non focalizzate (es. radiofrequenze prolungate) richiede dati più robusti; per la rTMS, che è una tecnica più consolidata, i rischi noti (es. crisi epilettiche in soggetti predisposti) sono rari ma vanno gestiti con protocolli clinici appropriati. Inoltre, è necessario evitare false aspettative pubbliche e comunicare chiaramente che, allo stato attuale, questi approcci non sono terapie standardizzate ma strumenti ancora in fase di valutazione clinica. FonteFonte

Prospettive per la ricerca italiana

L’Italia dispone di centri specialistici (IRCCS, università e ospedali con strutture per neurostimolazione e neuroscienze cliniche) che partecipano a network nazionali e internazionali. Le priorità raccomandate per il prossimo decennio includono: (1) trial randomizzati, controllati e multicentrici con protocolli standardizzati; (2) studi che integrino biomarcatori (neuroimaging, biochimica del liquor, marker infiammatori) per identificare sottogruppi di pazienti che più probabilmente rispondono; (3) valutazioni costi/benefici e di trasferibilità nella pratica clinica; e (4) attenzione alla comunicazione pubblica per evitare terapie non validate offerte fuori dai canali clinici regolamentati. Centri italiani come l’IRCCS San Raffaele e altri poli universitari sono attivi nel monitorare e contribuire a questi sviluppi. FonteFonte

La ricerca italiana sulle onde elettromagnetiche applicate all’Alzheimer è un campo vivace e multidisciplinare con risultati preclinici promettenti e segnali clinici incoraggianti soprattutto per tecniche di neuromodulazione focalizzata come la rTMS. Tuttavia, la transizione verso raccomandazioni cliniche consolidate richiede studi più ampi, protocolli standardizzati e dati di sicurezza/efficacia a lungo termine. I pazienti e i caregiver interessati dovrebbero consultare centri specializzati e partecipare preferibilmente a studi clinici controllati se disponibili, evitando al contempo trattamenti proposti al di fuori di contesti regolamentati. FonteFonte

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