Uno studio monocentrico, randomizzato, doppio cieco e controllato con sham ha valutato 52 settimane di rTMS personalizzata diretta sul precuneus (PC-rTMS) in pazienti con Alzheimer da lieve a moderato; i risultati indicano un rallentamento del peggioramento cognitivo, delle attività di vita quotidiana e dei disturbi comportamentali rispetto allo sham nel corso di 52 settimane. Questi risultati richiedono conferme multicentriche. Fonte.
Centro clinico principale che ha condotto lo studio: Fondazione Santa Lucia IRCCS, Roma (Laboratorio di Non-Invasive Brain Stimulation / Department of Clinical and Behavioural Neurology). Lo studio 52 settimane è stato condotto in questo centro. Fonte.
Ricercatori / medici citati nello studio 2025 (nomi e affiliazioni così come appaiono nell’articolo):
Giacomo Koch, MD, PhD — Department of Clinical and Behavioural Neurology, Fondazione Santa Lucia IRCCS, Roma; Department of Neuroscience and Rehabilitation, University of Ferrara; scientific co-founder di Sinaptica Therapeutics. Fonte
Elias Paolo Casula — Department of Clinical and Behavioural Neurology, Fondazione Santa Lucia IRCCS; Department of Systems Medicine, University of Tor Vergata (Roma). Fonte.
Sonia Bonnì — Fondazione Santa Lucia IRCCS (Roma). Fonte.
Ilaria Borghi — Fondazione Santa Lucia IRCCS (Roma). Fonte.
Martina Assogna — Fondazione Santa Lucia IRCCS; Department of Systems Medicine, University of Tor Vergata. Fonte.
Francesco Di Lorenzo — Fondazione Santa Lucia IRCCS. Fonte.
Romina Esposito — Fondazione Santa Lucia IRCCS; University of Ferrara. Fonte.
Michele Maiella — Fondazione Santa Lucia IRCCS. Fonte.
Alessia D’Acunto — Fondazione Santa Lucia IRCCS; Department of Systems Medicine, University of Tor Vergata. Fonte.
Matteo Ferraresi — Fondazione Santa Lucia IRCCS. Fonte.
Lucia Mencarelli — Fondazione Santa Lucia IRCCS. Fonte.
Valentina Pezzopane — Fondazione Santa Lucia IRCCS; University of Ferrara. Fonte.
Caterina Motta — University of Tor Vergata (Roma). Fonte.
Emiliano Santarnecchi, PhD — affiliazioni clinico-accademiche (noto per lavori su neuromodulazione e neuroimaging). Fonte.
Marco Bozzali, MD, PhD — radiologia/neuroimmagine (affiliazione: IRCCS/Università; co-autore). Fonte.
Alessandro Martorana, MD — Fondazione Santa Lucia IRCCS; Department of Systems Medicine, University of Tor Vergata. Fonte.
Introduzione
La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza: in Italia si stima che più di mezzo milione di persone ne siano affette in forma sintomatica, con un carico sociale e sanitario molto elevato. Negli ultimi anni gruppi di ricerca italiani ed europei hanno esplorato se e come le onde elettromagnetiche — intese sia come stimolazione magnetica/transcranica (TMS/rTMS), sia come campi elettromagnetici pulsati (PEMF) o radiofrequenze modulate — possano influenzare i processi neurodegenerativi, rallentare il declino cognitivo o migliorare funzioni cerebrali compromesse. Fonte
Concetti di base: che tipi di ‘onde’ si usano in ricerca
In ambito neuroscientifico il termine “onde elettromagnetiche” raggruppa tecniche differenti. Le principali usate nella ricerca su Alzheimer sono: (1) la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS), che usa impulsi magnetici focalizzati per modulare l’eccitabilità corticale; (2) campi elettromagnetici pulsati a bassa frequenza (LF-PEMF) o a radiofrequenza modulate (REMFS/TEMT), che vengono studiati per effetti molecolari o cellulari più diffusi; e (3) forme sperimentali di trattamento transcranico a radiofrequenza progettate per penetrare ampie aree cerebrali. Queste modalità differiscono per frequenza, intensità, profondità di penetrazione e meccanismo di azione proposto, e pertanto gli esiti sperimentali non sono direttamente confrontabili se non nelle condizioni sperimentali specifiche. Fonte — Fonte
Evidenze precliniche (modelli cellulari e animali)
Studi su modelli cellulari e su topi transgenici di Alzheimer hanno mostrato risultati incoraggianti: in più lavori l’esposizione a campi elettromagnetici pulsati o a radiofrequenze modulate ha ridotto alcuni marcatori patologici (es. attività di BACE1, accumulo di peptide Aβ) e ha preservato, in parte, la memoria nei roditori. Tali risultati però sono fortemente dipendenti dai parametri di applicazione (frequenza, durata, SAR nelle RF) e dalla fase della malattia nei modelli sperimentali. Gli autori italiani e internazionali sottolineano la necessità di replicazioni e di studi meccanicistici per chiarire i substrati biologici di questi effetti. Fonte — Fonte
Prove cliniche in Italia: rTMS e protocolli mirati
In ambito clinico italiano vi sono gruppi attivi nello studio della rTMS applicata a specifiche aree corticali per rallentare il declino cognitivo. Un lavoro multicentrico che ha attirato attenzione è quello sul posizionamento mirato alla corteccia precuneus: protocolli di rTMS a lungo termine (settimane/mese) hanno mostrato in alcuni trial un rallentamento del declino cognitivo e modificazioni neurofisiologiche coerenti con la stabilizzazione di oscillazioni gamma locali. Questi studi, pur promettenti, richiedono conferme più robuste e studi randomizzati di più ampio respiro per passare dalla prova di concetto a una raccomandazione terapeutica consolidata. Fonte — Fonte
Meta-analisi e recensioni italiane
Revisioni sistematiche e meta-analisi condotte da gruppi italiani ed europei suggeriscono una efficacia complessiva della TMS nel migliorare la funzione cognitiva nei pazienti con decadimento cognitivo lieve-moderato, ma sottolineano limiti metodologici: eterogeneità dei protocolli (frequenza, durata, sito di stimolazione), piccoli campioni e breve follow-up. Gli autori raccomandano protocolli personalizzati e studi che combinino stimolazione e training cognitivo. Fonte — Fonte
Dispositivi a radiofrequenze e approcci emergenti
Parallelamente alla rTMS, sono nati progetti e sperimentazioni con dispositivi che erogano radiofrequenze transcraniche (TEMT / REMFS) con l’obiettivo di modulare ampie reti corticali e influenzare processi molecolari legati all’Alzheimer. Alcune aziende internazionali hanno avviato trial clinici (fase 1/2) e la letteratura riporta risultati preliminari di miglioramento cognitivo in gruppi selezionati; la traduzione clinica in ambienti italiani è in fase di sviluppo, con alcuni centri che partecipano a studi internazionali o monitorano questi risultati. È importante sottolineare che i dati di sicurezza e di efficacia a lungo termine per questi dispositivi non sono ancora conclusivi. Fonte — Fonte
Quali meccanismi biologici sono ipotizzati?
Le possibili azioni delle onde elettromagnetiche sull’Alzheimer includono: modulazione dell’eccitabilità neuronale e delle oscillazioni corticali (es. gamma), aumento della plasticità sinaptica e della disponibilità di fattori neurotrofici (es. BDNF), riduzione di alcune vie enzimatiche legate alla produzione di Aβ (es. BACE1) e modulazione di risposte infiammatorie o di proteostasi. Tuttavia, i meccanismi esatti rimangono in parte speculativi e spesso dipendono dal tipo di stimolo applicato. Fonte — Fonte
Limiti, rischi e considerazioni etiche
Nonostante risultati promettenti, esistono limiti evidenti: molti studi hanno campioni piccoli, eterogeneità metodologica e follow-up limitati. La sicurezza a lungo termine di alcune forme di esposizione elettromagnetica non focalizzate (es. radiofrequenze prolungate) richiede dati più robusti; per la rTMS, che è una tecnica più consolidata, i rischi noti (es. crisi epilettiche in soggetti predisposti) sono rari ma vanno gestiti con protocolli clinici appropriati. Inoltre, è necessario evitare false aspettative pubbliche e comunicare chiaramente che, allo stato attuale, questi approcci non sono terapie standardizzate ma strumenti ancora in fase di valutazione clinica. Fonte — Fonte
Prospettive per la ricerca italiana
L’Italia dispone di centri specialistici (IRCCS, università e ospedali con strutture per neurostimolazione e neuroscienze cliniche) che partecipano a network nazionali e internazionali. Le priorità raccomandate per il prossimo decennio includono: (1) trial randomizzati, controllati e multicentrici con protocolli standardizzati; (2) studi che integrino biomarcatori (neuroimaging, biochimica del liquor, marker infiammatori) per identificare sottogruppi di pazienti che più probabilmente rispondono; (3) valutazioni costi/benefici e di trasferibilità nella pratica clinica; e (4) attenzione alla comunicazione pubblica per evitare terapie non validate offerte fuori dai canali clinici regolamentati. Centri italiani come l’IRCCS San Raffaele e altri poli universitari sono attivi nel monitorare e contribuire a questi sviluppi. Fonte — Fonte
La ricerca italiana sulle onde elettromagnetiche applicate all’Alzheimer è un campo vivace e multidisciplinare con risultati preclinici promettenti e segnali clinici incoraggianti soprattutto per tecniche di neuromodulazione focalizzata come la rTMS. Tuttavia, la transizione verso raccomandazioni cliniche consolidate richiede studi più ampi, protocolli standardizzati e dati di sicurezza/efficacia a lungo termine. I pazienti e i caregiver interessati dovrebbero consultare centri specializzati e partecipare preferibilmente a studi clinici controllati se disponibili, evitando al contempo trattamenti proposti al di fuori di contesti regolamentati. Fonte — Fonte
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