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Autonomia del fisioterapista: limiti e legislazione

In data 20 giugno 2025, la rivista Salute33 ha pubblicato in modalità digitale l’articolo dal titolo «Cassazione 2025: il fisioterapista deve agire solo su diagnosi medica», collegandolo erroneamente a una sentenza non pertinente. Questo errore, riconosciuto nella rettifica ufficiale, è derivato dall’errata attribuzione giurisprudenziale, accogliendo di conseguenza la richiesta della Federazione Nazionale degli Ordini dei Fisioterapisti (FNOFI).

In questo articolo si analizzano le ultime principali sentenze pertinenti, ricostruendo la posizione della giurisprudenza e legislazione sull’autonomia del fisioterapista. È un atto di trasparenza, ma anche un impegno etico e professionale di salute33 in collaborazione con le Federazioni e Associazioni di categoria partner della rivista.

Il quadro normativo essenziale

La figura del fisioterapista è regolata in Italia dal D.M. 741/1994 e dalla Legge 251/2000. Entrambe le fonti delineano con chiarezza i limiti dell’autonomia professionale.

Il D.M. 14 settembre 1994, n. 741, stabilisce che il fisioterapista:

«Svolge in via autonoma o in collaborazione con altre figure sanitarie gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione, in riferimento alla diagnosi e alle prescrizioni del medico.»

L’articolo 2 della Legge 251/2000 conferma che i professionisti sanitari dell’area della riabilitazione operano secondo le proprie competenze e in collaborazione con i medici, nel rispetto della programmazione sanitaria nazionale e regionale.

Il codice deontologico dei fisioterapisti (approvato dalla direzione nazionale A.I.FI. il 07 ottobre 2011, pubblicato come riferimento deontologico professionale prima dalla FNO TSRM PSTRP, oggi dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Fisioterapisti FNOFI), descrive “la valutazione fisioterapica attraverso l’anamnesi, la valutazione clinico-funzionale e l’analisi della documentazione clinica prodotta dalla persona assistita. La diagnosi fisioterapica, o una sua coerente ipotesi, costituisce il risultato del processo di ragionamento clinico ed è preliminare all’intervento fisioterapico. Nel caso in cui il processo diagnostico sia insufficiente o nel caso in cui si evidenzino dati che vanno al di là delle proprie conoscenze o competenze, il Fisioterapista inviterà la persona assistita ad effettuare ulteriori approfondimenti” Art. 14

La diagnosi fisioterapica rientra nella normativa tracciata dalla legge n. 251/2000, art. 2, che riconosce ai professionisti sanitari – tra cui i fisioterapisti – autonomia e responsabilità nell’esercizio limitatamente alle loro competenze.

Codice Deontologico dei Fisioterapisti

Di seguito si analizzano due principali e recenti sentenze allegando il commento Legislativo della FNOMCEO

Sentenza Consiglio di Stato n. 5840/2017

Leggi sentenza

Leggi il Commento dell’Ufficio Legislativo FNOMCEO

La sentenza più significativa in tema di autonomia fisioterapica è la n. 5840/2017, pronunciata dal Consiglio di Stato. Essa affronta la legittimità di una delibera della Regione Sardegna che consentiva ai fisioterapisti l’erogazione di prestazioni sanitarie anche complesse, incluse quelle con apparecchiature elettromedicali, senza la presenza costante di un medico.

Il Consiglio di Stato ha chiarito che:

  • Il fisioterapista può operare solo entro le competenze delineate dal proprio profilo professionale.

La Corte ha definito “illogica e non motivata” la scelta della Regione di consentire ai fisioterapisti attività identiche a quelle dei fisiatri, ma con meno requisiti organizzativi e di sicurezza. Ha stabilito che le due strutture (ambulatori medici e studi di fisioterapia) non possono essere regolate in modo diverso se erogano prestazioni simili.

«L’autonomia del fisioterapista può esplicarsi solo nell’ambito del profilo e delle competenze professionali proprie del fisioterapista e, comunque, in rapporto con le diagnosi e prescrizioni di stretta competenza medica.»

Sentenza n. 294 del 7 marzo 2024 Tribunale di Udine

Con la sentenza n. 294 del 7 marzo 2024, il Tribunale di Udine ha assolto un fisioterapista accusato di esercizio abusivo della professione medica, offrendo un chiarimento rilevante sul ruolo e sui limiti dell’autonomia professionale del fisioterapista.

Nel caso in esame, il fisioterapista aveva utilizzato l’ecografo durante l’attività di valutazione del paziente e aveva redatto una diagnosi funzionale – definita “diagnosi fisioterapica” – finalizzata a fornire indicazioni al medico di medicina generale, al quale aveva poi rimandato il paziente per eventuali accertamenti clinici.

Il Tribunale ha escluso che tali condotte costituissero invasione di competenze mediche. Al contrario, ha riconosciuto che:

– l’uso dell’ecografo rientrava nella valutazione funzionale, compatibile con il profilo professionale del fisioterapista;

– la diagnosi fisioterapica era limitata all’ambito riabilitativo e non integrava attività diagnostiche mediche;

– il fisioterapista ha agito in piena collaborazione con il medico curante, senza sovrapporsi a competenze cliniche.

La decisione si fonda anche sulla cornice normativa tracciata dalla legge n. 251/2000, art. 2, che riconosce a tutti i professionisti sanitari – tra cui i fisioterapisti – autonomia e responsabilità nell’esercizio delle loro competenze. In particolare, viene confermato che il fisioterapista può effettuare una valutazione funzionale, utilizzare strumenti idonei (come l’ecografo) e redigere un proprio inquadramento operativo, purché non vi sia invasione del campo medico.

La sentenza del Tribunale di Udine si pone in linea con i principi già espressi dal Consiglio di Stato (n. 5840/2017) e dalla Cassazione Penale (n. 29667/2018), ribadendo la distinzione tra attività di supporto e valutazione funzionale da un lato, e atti medici veri e propri dall’altro.

In sintesi, il fisioterapista può:

– effettuare valutazioni funzionali autonome; utilizzare strumenti di imaging (come l’ecografo) per fini di inquadramento fisioterapico;

– proporre una diagnosi funzionale interna alla propria disciplina;

– collaborare attivamente con il medico curante e/o specialista, anche fornendo elementi utili per ulteriori approfondimenti clinici.

Leggi Sentenza Cassazione Penale n. 29667/2018

Conclusioni: il rispetto della verità e della legalità

Il legislatore ha previsto che l’intervento del fisioterapista si ponga “in riferimento” alla diagnosi e alle prescrizioni del medico. Tale previsione colloca il rapporto tra le due professioni all’interno di un confronto collaborativo, al fine di ristabilire le migliori possibili condizioni di funzionalità del paziente, lasciando l’autonomia e la conseguente responsabilità del Fisioterapista esclusivamente nel proprio ambito specifico di competenza. Rispetto alla diagnosi del medico, questo è sostenuto anche dall’art. 13 del Codice Deontologico dei Fisioterapisti che prevede che “nel caso di attività svolta in collaborazione con il medico, qualora risultino valutazioni discordanti, variazioni del quadro clinico e/o risposte non coerenti durante il trattamento, il fisioterapista, in accordo con la Persona assistita, informa il medico curante e si attiva per fornire allo stesso elementi utili sia per un eventuale approfondimento diagnostico, sia per la definizione di un più appropriato programma terapeutico.” 

L’articolo 348 del Codice Penale prevede che si configura come esercizio abusivo della professione medica qualsiasi attività che rientri nell’ambito delle competenze mediche, ma che viene svolta da persone o professionisti non abilitati, ovvero non iscritti all’albo dei medici. Questo include, ad esempio, la prescrizione di farmaci, la diagnosi di malattie, l’esecuzione di interventi chirurgici, o qualsiasi altra attività che richieda il titolo di medico. 

L’autonomia professionale si esercita esclusivamente nei limiti del proprio profilo professionale, nel rispetto della normativa e a tutela del paziente.

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