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Pet Therapy in carcere: un’analisi scientifica degli interventi assistiti con animali nel contesto penitenziario

Dott. Antimo Navarra 

PSICOLOGO – PSICOTERAPEUTA COGNITIVO COMPORTAMENTALE

Ordine degli Psicologi della Campania n. 9092

Pubblicazione Anno 8 n. 82 GIUGNO 2025 – ISSN 2612-4947

Introduzione

Negli ultimi anni, l’interesse per gli Interventi Assistiti con Animali (IAA) in ambito penitenziario è cresciuto significativamente. Questi programmi, che coinvolgono principalmente cani, mirano a migliorare il benessere psicologico dei detenuti, facilitare la loro rieducazione e promuovere il reinserimento sociale. La presente analisi si propone di esaminare le evidenze scientifiche disponibili sugli effetti della pet therapynelle carceri, con particolare attenzione ai benefici psicologici, comportamentali e relazionali osservati nei partecipanti.

Benefici psicologici e comportamentali della Pet Therapy

Una revisione sistematica condotta da Villafaina-Domínguez et al. (2020) ha analizzato 20 studi riguardanti interventi assistiti con cani in contesti carcerari, coinvolgendo un totale di 1.577 detenuti. I risultati indicano che tali programmi possono portare a miglioramenti significativi in termini di ansia, stress, empatia e abilità sociali. Inoltre, si è osservata una riduzione della recidiva e dei comportamenti violenti tra i partecipanti. Le attività proposte includevano l’addestramento e la cura dei cani, con sessioni della durata di 60-120 minuti, svolte da una a tre volte a settimana.

Un altro studio qualitativo ha esplorato l’esperienza di detenuti con gravi disturbi mentali che hanno partecipato a un programma di terapia assistita con cani. I partecipanti hanno riferito di aver sviluppato un legame significativo con gli animali, descrivendo il rapporto come una fonte di affetto incondizionato e non giudicante. Questo legame ha contribuito a migliorare l’autostima e a favorire l’espressione emotiva, aspetti spesso compromessi in ambiente carcerario.

Esperienze italiane: il Progetto Ulisse

In Italia, il Progetto Ulisse rappresenta un esempio significativo di pet therapy in ambito penitenziario. Avviato presso la Casa Circondariale “Le Sughere” di Livorno, il programma coinvolge detenuti in attività teoriche e pratiche legate alla gestione e all’educazione dei cani. Gli obiettivi principali includono la gestione dell’ansia, il miglioramento del tono dell’umore e la diminuzione di comportamenti autolesivi o violenti. Al termine del percorso, ai partecipanti viene rilasciato un attestato di partecipazione, riconoscendo le competenze acquisite e offrendo una potenziale opportunità di reinserimento lavorativo nel settore cinofilo.

Aspetti neurobiologici e psicologici

La pet therapy può influenzare positivamente il sistema neuroendocrino dei partecipanti. Le interazioni con animali, in particolare con i cani, sono associate a un aumento dei livelli di ossitocina, un neuropeptide che favorisce il legame sociale e produce effetti calmanti. Parallelamente, si osserva una riduzione del cortisolo, l’ormone dello stress, contribuendo così a un miglioramento complessivo del benessere psicofisico. Questi cambiamenti ormonali supportano l’ipotesi di un effetto neurobiologicamente misurabile della relazione uomo-animale nel contesto terapeutico.

Il legame uomo-animale nel contesto carcerario

Il contesto penitenziario è caratterizzato da relazioni prevalentemente verticali, istituzionalizzate, e spesso disumanizzanti. In tale ambiente, la presenza di un animale rappresenta un elemento relazionale “altro”, capace di infrangere la rigidità emotiva che spesso accompagna la vita detentiva. Il rapporto con un animale domestico, come il cane, si fonda su una reciprocità non verbale, priva di giudizio, che stimola affettività, empatia e senso di responsabilità. Questo tipo di legame ha il potenziale di riparare, almeno in parte, relazioni traumatiche o compromesse nella storia personale del detenuto.

Levinson (1969), pioniere dell’uso terapeutico degli animali, sosteneva che essi fungono da “mediatori” nel processo terapeutico, poiché creano un clima emotivo più accessibile anche nei soggetti più resistenti al cambiamento. In carcere, questo ruolo mediatore si rafforza ulteriormente: l’animale può diventare uno specchio delle emozioni del detenuto, stimolando riflessioni su di sé e sugli altri, in un ambiente in cui l’introspezione è spesso scoraggiata. Uno studio di Fournier et al. (2007) ha osservato che i detenuti coinvolti in programmi di addestramento canino sviluppano maggiore consapevolezza emotiva e autocontrollo, qualità essenziali per la vita in libertà.

Dal punto di vista psicodinamico, la relazione con l’animale può facilitare processi di simbolizzazione: il cane può incarnare una figura di attaccamento, offrendo una base sicura attraverso cui il detenuto può esplorare le proprie emozioni. Inoltre, il contatto fisico con l’animale consente un’esperienza corporea concreta, spesso assente nella quotidianità carceraria, con potenziali benefici anche in ottica riabilitativa.

Conclusioni

Le evidenze scientifiche suggeriscono che la pet therapyrappresenta un intervento promettente nel contesto penitenziario, con benefici tangibili sul piano psicologico, comportamentale e sociale. Programmi strutturati e ben implementati possono contribuire significativamente al processo di rieducazione e reinserimento dei detenuti, offrendo loro strumenti per una migliore gestione emotiva e relazionale. È auspicabile che tali interventi vengano integrati con percorsi terapeutici personalizzati e professionalizzanti, al fine di consolidarne i risultati e aumentarne l’impatto trasformativo.

Bibliografia

• Villafaina-Domínguez, B., Collado-Mateo, D., Vega-Muñoz, A., & Gusi, N. (2020). Effects of Dog-Based Animal-Assisted Interventions in Prison Population: A Systematic Review. Animals, 10(11), 2129. https://doi.org/10.3390/ani10112129

• Pinna, L., Carcangiu, V., Zanetti, M. A., et al. (2023). The Effect of Animal-Assisted Therapy on the Physical and Mental Health of People with Severe Mental Illness in a Prison: A Qualitative Study. Animals, 15(3), 379. https://doi.org/10.3390/ani15030379

• Fournier, A. K., Geller, E. S., & Fortney, E. V. (2007). Human–animal interaction in a prison setting: Impact on criminal behavior, treatment progress, and social skills. Behavior and Social Issues, 16(1), 89–105.

• Levinson, B. M. (1969). Pet-Oriented Child Psychotherapy. Charles C. Thomas, Springfield, IL.

• Cooperativa Sociale Il Melograno (2023). Progetto Ulisse – Pet therapy presso la Casa Circondariale “Le Sughere” di Livorno. https://www.coopmelograno.org/progetto-ulisse-pet-therapy-presso-la-casa-circondariale-le-sughere-di-livorno/

 

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